Yassief era giovane ed era fuggito dalla sua terra africana, devastata dalla guerra civile, dai massacri, dai saccheggi, dalla fame. Con altri 77 disperati si era imbarcato su un gommone, per cercare una terra di sicurezza e di dignità. Ma il carburante finì e il gommone per giorni e giorni andò alla deriva sul mare, senza più viveri e acqua. Ogni giorno venivano gettati alle onde i corpi di coloro che morivano di stenti. Quando l’imbarcazione, il 20 agosto scorso, toccò terra a Lampedusa, c’erano a bordo solo 5 superstiti, scheletrici e segnati per sempre dall’orrore. Così qualcuno poté raccontare la storia di Yassief, che è stata raccolta domenica 13 settembre dal settimanale diocesano La Voce dei Berici (che merita da parte nostra un’attenzione maggiore…). E questa è la storia di Yassief e della sua Bibbia. Sul gommone Yassief aveva portato con sé la sua Bibbia. Ogni giorno pregava i salmi: “Quando ti invoco rispondimi Dio, mia giustizia. Dalle angosce mi hai liberato, pietà di me, ascolta la mia preghiera…”. Ogni sera leggeva ai suoi disperati compagni qualche pagina del Libro Santo, per cercare e offrire coraggio e speranza. Dopo quindici giorni apparve in lontananza la sagoma di una nave e Yassief con un altro ragazzo, gli unici che sapevano nuotare, decise di raggiungere a nuoto la nave, per farla tornare indietro a salvare tutti: l’impresa appariva umanamente impossibile, ma sembrava l’unica speranza possibile. Consegnò la sua Bibbia a una donna, e si gettò in acqua. Ma il gommone, in balia delle onde, andava dove voleva: la nave scomparve lentamente all’orizzonte, e nessuno ha più visto Yassief e il suo compagno. Marco Vincenzi, che ha scritto su La Voce dei Berici la storia di Yassief e della sua Bibbia, aggiunge alcune riflessioni su questa storia, per capire cosa significa “leggere la Bibbia”.
La prima riflessione: quando Yassief è salito sul gommone, di sicuro il suo bagaglio era ridotto a pochissime cose essenziali. Ma fra queste c’era la Bibbia. La Parola è la luce che illumina il cammino e la forza che lo sostiene, per affrontare e attraversare tutti i momenti della vita, quelli pieni di speranza, e quelli segnati dal dolore e dalla tragedia. Sul gommone dei disperati la Parola letta e pregata trasformava in abbandono a Dio la vita di Yassief, e diventava per i suoi compagni la mensa condivisa del conforto e dell’amicizia. E noi siamo qui a chiederci: la Parola fa parte del bagaglio essenziale di vita che porto con me nel cuore delle esperienze quotidiane? So condividerla con i miei “compagni di viaggio”?
Una seconda riflessione: quando la nave all’orizzonte si presenta come un fragile indizio di speranza, Yassief lascia sulla barca la Parola scritta, per gettarsi fra le onde della Parola vissuta, accettando di mettere a rischio se stesso, seguendo il Maestro sulla via di chi dona la vita per amore. Il gesto decisivo è passare dal leggere la Parola, al vivere la Parola: la Parola diventa piena e autentica quando mette radici nell’esistenza quotidiana, e ne guida i criteri di orientamento e le scelte concrete.
Nel vangelo troviamo scritto: “Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che vi dico?” (Luca 6,46). E noi siamo qui a chiederci: ci impegniamo in concreto a tentare il passo dall’ascolto della Parola al vivere secondo la Parola? Che il Signore ci aiuti a leggerla, meditarla e a viverla ogni giorno…
Yassief e la Bibbia
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