In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”». Lc 5, 33-39
Riflessione…
Nel Vangelo di Luca c’è solo un altro testo in cui si parla di qualcuno che digiuna, quello del fariseo e del pubblicano che vanno a pregare al tempio (Lc 18,12). Nella sua preghiera, il fariseo ricorda che lui digiuna due volte alla settimana. Il digiuno, dunque, era una prassi importante nella spiritualità del pio giudeo. Gesù, nella sua risposta, non lo annulla, ma ne discerne l’uso secondo un criterio ben preciso: la presenza o l’assenza dello sposo. La gioia legata alla presenza dello sposo rende impossibile digiunare. È solo quando lo sposo sarà portato via e, dunque, gli invitati saranno privati della sua presenza, che avrà senso digiunare. È frequente sentir parlare di persone che si impegnano nel digiuno per diventare più forti interiormente. Concepito in questo modo, però, il digiuno rischia di diventare qualcosa di cui vantarsi, che porta a mettere se stessi al centro. Invece, per Gesù, il digiuno non dice il mio impegno, la mia ascesi, ma il mio essere stato privato della presenza dello sposo e della gioia ad essa legata. C’è, dunque, una incompatibilità totale tra digiuno e presenza dello sposo, come tra un pezzo di vestito nuovo e un abito vecchio, o come tra il vino nuovo e degli otri vecchi. Le parabole di Gesù svelano il rischio in cui possiamo incorrere davanti al suo messaggio: cercare un compromesso tra il nostro “vecchio” stile di vita e il “nuovo” proposto dal Signore. Ma, se facciamo così, il risultato è quello di perdere sia il “nuovo” che il “vecchio”. Chiediamo al Signore la grazia di rinunciare al “vino vecchio” delle nostre abitudini, dei nostri pensieri, delle nostre sicurezze — che ha in sé qualcosa di piacevole per cui ci è difficile rinunciare ad esso —, per desiderare e accogliere il “vino nuovo” che egli vuole donarci.
Don Salvatore A.