Ricordando don CIRO (don. Antonio CIOFFI)
Guardando a Don Ciro: la santità possibile
Tutti i cristiani sono chiamati alla santità, come insegna Gesù: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt5,48)
San Paolo, scrivendo agli Efesini, afferma che Dio Padre “ci ha scelti per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, in Cristo” (Ef.1,4), e ai Tessalonicesi scrive con chiarezza “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” (1Tess.4,3). Il Concilio Vaticano II ha sottolineato nella Costituzione sulla Chiesa “ Lumen Gentium” e nel decreto sull’apostolato dei laici che la santità è una chiamata comune ed universale e non solo per pochi privilegiati. Anche i laici devono perciò tendere ad essere santi, con la loro fedeltà a Cristo, vivendo secondo il Vangelo, nella famiglia, nell’ambiente di lavoro, testimoniando Gesù nel mondo.
Non c’è dubbio, però, che i sacerdoti, – lo ricorda il Concilio e una lunga serie di documenti pontifici – , debbono tendere in modo speciale a rivivere nella loro vita il modello che è Gesù, sommo ed Eterno sacerdote. Essi sono invitati, perciò, ad essere “santi e santificatori”.
La liturgia della Chiesa prega ed insegna che il Signore non priva mai i suoi figli della guida di pastori santi, nonostante la debolezza degli uomini. La lunga conoscenza che ho avuto di don CIRO (io ero piccolo seminarista e lui giovane chierico), la vicinanza a lui giovane sacerdote che è stato mio padre spirituale negli anni del ginnasio, i frequenti contatti, specie durante le vacanze, e in particolare, nel suo lavoro pastorale al rione San Marco, l’esperienza della sua giovialità, della sua instancabile generosità e, soprattutto, l’osservare quanto fosse per lui importante la preghiera e quanto decisivo nella sua vita il legame con Gesù Eucarestia e la devozione alla Madonna, mi permettono di concludere che don CIRO, pur senza farlo apparire (grazie alla sua riservatezza e a quel tono di umorismo che nascondevano e minimizzavano il suo lavoro apostolico), ha mirato senz’altro ad essere santo.
La forma di santità alla quale ha rivolto i suoi passi è quella che si può definire “santità pastorale”, caratterizzata dalla carità che è amore verso Dio e dalla carità verso il prossimo che è impegno del proprio essere, delle proprie capacità, delle proprie energie, di ciò di cui si dispone, al servizio dei fratelli. “Per la salvezza degli uomini”, come Gesù, ha lavorato don CIRO, sia annunciando il Vangelo (catechesi, attività formative varie), sia ponendo se stesso e la sua comunità a servizio dei fratelli con tante iniziative per gli ammalati, per gli anziani, per i fanciulli e per i giovani, per le famiglie.
D’altra parte, fin dalla sua prima messa solenne ( alla quale anch’io ebbi la gioia di assistere), aveva pregato “per chi soffre e fa soffrire, per la pace del mondo, per la salvezza di quanti incontrerò nella mia vita sacerdotale…” Tra questi ultimi per grazia di Dio e per generosità di don CIRO, c’eravamo tutti noi. Ancora una volta tramite don CIRO, il Signore ha operato la salvezza, ancora una volta possiamo e dobbiamo pensare che la santità è possibile. “Il Signore è buono con chi spera in Lui, con l’anima che Lo cerca” (cfr. Lam. 3,25).
Don CIRO ha cercato e trovato il Signore. Egli può dirci con San Paolo “avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, cercate di agire sempre così”. (Tess.4,1) POSSIAMO, ANZI DOBBIAMO IMITARLO
Don Antonio CIOFFI