Un sorriso

Un sorriso non costa niente e produce molto arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo da.
Dura un solo istante, ma talvolta il suo ricordo è eterno.
Nessuno è così ricco da poter farne a meno, nessuno è abbastanza povero da non meritarlo.
Crea la felicità in casa, è il segno tangibile dell’amicizia, un sorriso dà riposo a chi è stanco, rende coraggio ai più scoraggiati,  non può essere comprato, ne prestato, ne rubato, perché è qualcosa di valore solo nel momento in cui viene dato.
E se qualche volta incontrate qualcuno che non sa più sorridere, siate generoso, dategli il vostro, perché nessuno ha mai bisogno di un sorriso quanto colui che non può regalarne ad altri.

Un prete deve essere…

Un prete deve essere contemporaneamente: piccolo e grande, nobile di spirito,
come di sangue reale, semplice e naturale come di ceppo contadino, un eroe nella conquista di sé, un uomo che si è battuto con Dio, una sorgente di santificazione, un peccatore che Dio ha perdonato, dei desideri il sovrano, un servitore per timidi e deboli, che non si abbassa davanti ai potenti, ma si curva davanti ai poveri, discepolo del suo Signore, capo del suo gregge, un mendicante dalle mani aperte, un portatore di innumerevoli doni, un uomo sul campo di battaglia, una madre per confortare i malati, una saggezza dell’età matura, la fiducia di un bambino, teso verso l’alto, i piedi sulla terra, fatto per la gioia, esperto nel soffrire, lontano da ogni invidia, lungimirante, che parla con franchezza, un amico della pace, un nemico dell’inerzia, fedele per sempre … così diverso da me.

(Da un manoscritto medioevale trovato a Salisburgo.)

Un gelato semplice

Qualche tempo fa quando un gelato costava molto meno di oggi, un bambino di dieci anni entrò in un bar e si sedette al tavolino. Una cameriera gli portò un bicchiere d’acqua.
“Quanto costa un sundae?” chiese il bambino.
“Cinquanta centesimi” rispose la cameriera.
Il bambino prese delle monete dalla tasca e cominciò a contarle.
“Bene, quanto costa un gelato semplice?”
In quel momento c’erano altre persone che aspettavano  e la ragazza cominciava un po’ a perdere la pazienza. “35 centesimi!” gli rispose la ragazza in maniera brusca.
Il bambino contò le monete ancora una volta e disse:
“Allora mi porti un gelato semplice!”.
La cameriera gli portò il gelato e il conto.
Il bambino finì il suo gelato, pagò il conto alla cassa e uscì.
Quando la cameriera tornò al tavolo per pulirlo restò di stucco
perché lì, in un angolo del piatto, c’erano 15 centesimi di mancia per lei
Il bambino non chiese il sundae per riservare la mancia alla cameriera.

Un dono

Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l’ha mai avuto.

Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.

Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.

Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.

Prendi il coraggio,
mettilo nell’animo di chi non sa lottare.

Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.

Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.

Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.

Scopri l’amore,
e fallo conoscere al mondo.

Mahtma Gandhi

Un bicchiere di latte

Un giorno, un ragazzo povero che vendeva varie merci porta a porta per pagarsi gli studi all’università, si trovò in tasca soltanto una moneta da 10 cents, e aveva fame. Decise che avrebbe chiesto qualcosa da mangiare nella prossima casa.  Ma i suoi nervi lo tradirono quando gli aprì la porta una donna stupenda. Al posto di qualcosa da mangiare chiese un bicchiere d’acqua. Lei pensò che il giovane sembrava affamato, e dunque gli portò un bel bicchiere di latte.
Lui lo bevve piano, e allora chiese: Quanto devo?  Non mi devi niente  rispose lei. Mia madre ci ha insegnato che dobbiamo essere sempre caritatevoli con coloro che hanno bisogno di noi… e lui le disse…  Allora, la ringrazio di cuore…!

Quando Howard Kelly andò via da quella casa, non soltanto si sentì più sollevato, ma anche la sua fede in Dio e negli uomini era diventata più forte. Era stato sul punto di arrendersi e di lasciare gli studi a causa della sua povertà.

Qualche anno dopo la donna si ammalò in modo grave.  I medici del paese erano preoccupati. Alla fine, la inviarono alla grande città. Chiamarono il Dott. Howard Kelly per un consulto. Quando lui sentì il nome del paese da dove proveniva la paziente, sentì negli occhi una luce particolare e una gradevole sensazione.  Immediatamente il Dott. Kelly salì dalla hall dell’ospedale fino alla stanza di lei. Vestito con il suo grembiule da dottore entrò a vederla. Capricci del destino, era lei, la riconobbe subito. Ritornò alla stanza visite determinato a fare tutto il possibile per salvare la sua vita. Da quel giorno seguì quel caso con la maggiore attenzione, lei subì un’operazione a cuore aperto e si recuperò molto lentamente…

Dopo una lunga lotta, lei vinse la battaglia…! Era finalmente recuperata…!  Giacché la paziente era fuori pericolo, il Dott. Kelly chiese all’ufficio amministrativo dell’ospedale che gl’inviassero la fattura con il totale delle spese, per approvarla.  La ricontrollò e la firmò. Inoltre scrisse qualcosa sui margini della fattura e la inviò alla stanza della paziente.  La fattura arrivò alla stanza della paziente, ma lei aveva paura di aprirla, perché sapeva che avrebbe lavorato per il resto della sua vita per pagare il conto di un intervento così complicato…  Finalmente la aprì, e qualcosa attirò la sua attenzione; Sui margini della fattura, lesse queste parole…

“Pagata completamente molti anni fa, con…un bicchiere di latte”.

I suoi occhi si gonfiarono di lacrime di gioia, e dal suo cuore sgorgò questa preghiera: “Grazie, mio Dio! Il tuo amore si è manifestato nelle mani e nei cuori degli uomini.”

“Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me…!

Trova il tempo..


Trova il tempo di pensare
Trova il tempo di pregare
Trova il tempo di ridere

È la fonte del potere
È il più grande potere sulla Terra
È la musica dell’anima.

Trova il tempo per giocare
Trova il tempo per amare
ed essere amato
Trova il tempo di dare

È il segreto dell’eterna giovinezza
È il privilegio dato da Dio
La giornata è troppo corta
per essere egoisti.

Trova il tempo di leggere
Trova il tempo di essere amico
Trova il tempo di lavorare

E’ la fonte della saggezza
E’ la strada della felicità
E’ il prezzo del successo.

Trova il tempo di fare la carità
E’ la chiave del Paradiso.

(Iscrizione trovata sul muro
della Casa dei Bambini di Calcutta.)

Toni Spandri, l’apostolo della nuova evangelizzazione

 Accompagnato in processione da tremila persone tra cui tantissimi giovani, il corpo di Antonio Spandri è stato deposto venerdì 4 marzo nel cimitero di Neuer Suedfriedhof, a Monaco, al termine di una cerimonia in cui tutti hanno avuto modo di congedarsi personalmente da lui gettando una manciata di terra sulla sua bara. Toni è morto improvvisamente e inaspettatamente a Monaco lo scorso 28 febbraio mentre insieme alla moglie Bruna stava leggendo e commentando dei testi sull’iniziazione cristiana. In mattinata è stato celebrato il funerale di questo apostolo della nuova evangelizzazione nel duomo stracolmo di Nostra Signora di Monaco e il Cardinale Paul Josef Cordes, Presidente emerito del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, aveva trasmesso il dolore del Santo Padre alla notizia della sua morte. Benedetto XVI aveva conosciuto Toni come suo studente in Germania più di quaranta anni fa e da allora era sempre rimasto in contatto con lui. “Vi invito tutti a celebrare questa festa – ha detto Bruna dopo avere ringraziato il Cardinale Reinhard Marx per aver inviato il suo vicario generale, monsignor Peter Beer, a presiedere la messa esequiale -. Abbiamo avuto desiderio che i presbiteri fossero rivestiti di bianco, e non di viola, come segno del battesimo ma soprattutto come segno della resurrezione di Gesù Cristo”.
“Caro Toni, ti ringrazio per l’amore che hai avuto per me – ha detto Kiko Argüello, iniziatore del Cammino neocatecumenale -. Ti ringrazio soprattutto perché con la tua morte mi hai concesso il dono di farmi pensare alla mia morte e questo mi ha fatto tanto bene. Spero di essere presto con te!”.
Nato a Venezia nel 1943, Spandri aveva studiato giurisprudenza a Venezia e, durante gli studi universitari alla fine degli anni Sessanta, aveva vissuto in prima persona il travaglio della Fuci, l’associazione universitaria dei cattolici: Spandri si era distinto per una ricerca di fede e di interiorità che lo portò con la moglie Bruna a studiare teologia a Tubinga. Anche qui si trovò in un’università divisa dalla contestazione e si avvicinò al professor Ratzinger e lo seguì quando questi si trasferì a Regensburg. Attraverso un compagno di studi, Stefano Gennarini, conobbe il Cammino Neocatecumenale e contribuì alla sua introduzione nella diocesi di Venezia, grazie all’appoggio dell’allora Cardinale Albino Luciani. Quando nella parrocchia di S. Maria Formosa a Venezia nacque la prima comunità Neocatecumenale, Toni fu eletto suo responsabile. Successivamente, insieme a Bruna e a Stefano Gennarini comunicarono al professor Ratzinger la loro esperienza del cammino. “Io ero professore a Tübingen – scrisse nel 1999 il futuro Benedetto XVI, ricordando quegli incontri – e vennero da me alcuni neocatecumeni, tra cui Toni Spandri che è stato poi mio studente per molti anni e che adesso lavora a Monaco. Quei giovani erano toccati dalla scoperta chela Chiesaha bisogno di un nuovo catecumenato post battesimale, che deve realizzare di nuovo l’appropriazione personale e comunitaria del Battesimo in un cammino comune. Io, riflettendo sul Battesimo mi ero accorto da tempo che il Battesimo è quasi il sacramento dimenticato nella Chiesa, mentre è il fondamento del nostro essere cristiani. Avendo studiato i Padri, in particolare, avevo appreso da loro come il sacramento si realizzi in un cammino di iniziazione e per questo fui felice che si desse un nuovo inizio di questa esperienza. Quello che il Cammino Neocatecumenale aveva compreso, infatti, era appunto che, anche se siamo battezzati da bambini, dobbiamo entrare nella realtà del nostro Battesimo, dobbiamo in tutta la nostra vita, in tappe diverse, naturalmente, entrare in questa iniziazione alla comunione con Cristo nella Chiesa. Fui felice, quindi, che si aprisse così un cammino di rinnovamento di questa esperienza fondamentale della Chiesa e questo soprattutto in un tempo in cui la famiglia e la scuola non erano già più, come in passato, luoghi di iniziazione alla fede e alla comunione con Cristo nella Chiesa”. Fu poi proprio il professor Ratzinger ad introdurre il Cammino a Monaco di Baviera scrivendo a due parroci suoi amici.
“Penso che tutti noi siamo molto grati del fatto che sia stato Toni a dare una luce al Papa – ha detto il Cardinal Cordes durante il funerale -. Siamo anche grati per tutto ciò che il Cammino ha dato alla Chiesa”. Nel 1974 Toni e Bruna, che avevano allora due figli, lasciarono tutto – anche l’impresa ereditata – per diventare catechisti itineranti responsabili del Cammino Neocatecumenale in Germania e successivamente anche in Olanda. Questa decisione radicale – raccontava Toni con grande gratitudine a Kiko, Carmen e al Cammino – lo aveva salvato dalla tristezza di una vita piatta e gli aveva dato una vera libertà. Ai suoi figli ricordava che da quando Cristo lo aveva chiamato a seguirlo “il vino e la gioia non sono mai mancati sulla sua tavola”.
Toni e Bruna aprirono il Cammino anche nella allora Germania comunista attraversando molte volte il check-point Charlie, il posto di confine tra le due Berlino: diverse volte vennero arrestati dai Vopos (la polizia comunista) e passarono nottate in cella, interrogati dalle guardie comuniste.
Don Mario Pezzi ha sottolineato nell’omelia l’intensità con cui Spandri ha contribuito alla nuova evangelizzazione: “Si è messo al servizio di un cammino che mira ad accompagnare i cristiani a riscoprire il loro battesimo, per poter affrontare le sfide di un mondo secolarizzato. Toni e Bruna hanno voluto servire il rinnovamento della Chiesa nello spirito del Concilio Vaticano II… Per questo hanno lasciato le loro famiglie facoltose per vivere in sobrietà e semplicità per l’evangelizzazione, aprendosi al dono dei figli”.
Toni e Bruna hanno infatti avuto dieci figli: Maria, la sesta, era in clinica per partorire il secondo figlio, quando il padre è morto, e Stefano, il settimo, si era sposato poche settimane fa ed era appena tornato dal viaggio di nozze. Toni e Bruna hanno avuto finora trentadue nipoti dimostrando, con il loro esempio, che l’insegnamento della Chiesa, sopratutto attraverso l’Humanae Vitae, non solo era profetico riguardo alla situazione di crisi dell’Europa odierna ma sopratutto era fonte di gioia e di amore. Tante famiglie tedesche hanno seguito l’esempio di Toni e Bruna e questo spiega il numero impressionante di giovani al funerale. Nei giorni precedenti il funerale Casa Spandri, dove il corpo di Toni è rimasto esposto per tre giorni, è stata invasa da tantissime persone sopratutto giovani che raccontavano e celebravano il dono di Toni. “In questi giorni abbiamo veramente visto il cielo aperto – ha detto Tobia, il primogenito e padre di otto figli – e al termine di questi giorni possiamo dire che la forza della morte è stata spezzata. Per tutti noi oggi è Pasqua”. Per tanti anni Toni e Bruna, di fronte alle tante difficoltà poste dalla evangelizzazione in Nord Europa, erano sempre stati incoraggiati ed appoggiati dal Santo Padre che come loro aveva tanto a cuore l’evangelizzazione della Germania.  Appena sei settimane fa Benedetto XVI aveva inviato circa 200 coppie del Cammino neocatecumenale in missione ed aveva inaugurato altre tre “missio ad gentes” nella diocesi di Colonia, in Germania. Le missio ad gentes seguite da Toni e Bruna erano così salite a sette, tre a Colonia, due a Chemnitz e due in Olanda. Ciascuna di queste missio ad gentes è costituita da un presbitero accompagnato da tre o quattro famiglie numerose che, su richiesta di un Vescovo, riceve un mandato per evangelizzare zone scristianizzate o pagane, con la missione, come dice il Vangelo, di far presente una comunità cristiana dove “siano perfettamente uno perché il mondo creda”.
Giovanni Paolo II nel 1985, al sesto Simposio dei Vescovi europei disse che per rispondere alla secolarizzazione dell’Europa era necessario ritornare al “primissimo modello apostolico”. Così queste missio ad gentes, ad imitazione del “primissimo modello apostolico”, si riuniscono nelle case in mezzo ai non battezzati. Dopo quattro anni di esperienza molte persone che mai sarebbero entrate in una chiesa, si stanno avvicinando a queste famiglie. Un filosofo ateo ha ringraziato la missio ad gentes perché senza di essa non avrebbe mai scoperto l’amore di Cristo.
Toni e Bruna avevano dedicato ultimamente sempre più energie alle missio ad gentes, esperienza verso cui anche Benedetto XVI nutre molta fiducia e speranza. Lo scorso settembre Toni e Bruna avevano partecipato all’incontro annuale che il Santo Padre tiene ogni anno a Castel Gandolfo incontrando i suoi alunni per tre giorni; alla fine si era discusso il prossimo tema per il 2011 e Toni aveva proposto come tema la “Nuova evangelizzazione”, tema che il Papa ha adottato subito con entusiasmo.  Attualmente in Germania esistono un centinaio di comunità neocatecumenali, di cui una trentina nell’Arcidiocesi di Monaco. Toni e Bruna hanno inoltre promosso la erezione in Germania di due Seminari “Redemptoris Mater” a Berlino e Colonia e di altri due in Olanda: Amsterdam e Roermond. Nel 2005 con l’aiuto di 95 comunità tedesche e olandesi, Spandri ha gestito l’organizzazione del mega-incontro dei giovani seguito alla Giornata Mondiale della Gioventù durante il quale 2500 giovani hanno dato la loro disponibilità a seguire Gesù Cristo.
“Cari fratelli e sorelle: Toni Spandri è passato al Padre. Noi vogliamo condividere con voila Parolache il Signore gli ha donato, aprendo il Vangelo nel momento della sua morte, per accompagnarlo nel suo passaggio al cielo”, ha scritto Bruna Spandri in una lettera. “‘Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero’ (Mt. 11,28-30). Il Signore, che gli ha donato di portare per 40 annila Crocedi Cristo nell’evangelizzazione gli ha donato anche di trovare ristoro in LUI! Cristo è veramente risorto!”. Tutta la diocesi e tanti fratelli piangono per la perdita di Toni: durante il funerale Bruna ha concluso così: “Alla domanda che si stanno ponendo tanti fratelli del Cammino: ‘E ora che succederà?’ non posso dire altro che questo: ‘Dio è fedele! Se amiamo Dio e il suo Figlio, Gesù Cristo, non dobbiamo temere nulla!’”. Toni ripeteva spesso, come gli aveva detto Kiko, che un itinerante muore evangelizzando, “con i sandali ai piedi”, e così gli ha concesso Dio.

tratto dal sito  Cammino Neocatecumenale

Storia di Teresa Benedetta

Mi chiamo Elisabetta, sono sposata da quindici anni con Goffredo ed insieme abbiamo avuto nove figli, di cui quattro in cielo e cinque viventi. Posso dire che il Signore in quindici anni di matrimonio ci ha sempre sostenuti, protetti ed affiancati, ma nell’ultima gravidanza si è manifestato a noi e ai nostri figli veramente con “braccio potente”. A luglio del 2002 ci trovavamo in vacanza al mare, quando trascorsa la prima settimana ho incominciato ad avere il sospetto di essere di nuovo incinta. Velocemente ho fatto il test di gravidanza, ed ho potuto verificare che non mi ero sbagliata. L’idea di poter abbracciare di nuovo un altro bambino mi riempiva di gioia, ma quella di dover aspettare nove mesi mi rattristava, perché nelle precedenti gravidanze avevo avuto sempre minacce di aborto; pensare di dover di nuovo mettermi in poltrona non mi piaceva affatto. Dato che stavo al mare, ho incominciato a star ferma sotto l’ombrellone. Mio marito, che ama leggere i libri dei santi, presso la biblioteca comunale aveva preso un libro che raccontava la storia di Edith Stein, un’ebrea convertita al cristianesimo che è morta nei campi di concentramento ad Auschwitz. Come potete immaginare, storia molto “allegra” e “divertente” che avrei voluto tranquillamente evitare di conoscere, ma mio marito ogni tanto mi riferiva qualche fatto accaduto nella vita di questa santa. Per cui mi è rimata impressa in mente la foto della stessa vestita da suora che stava sulla copertina del libro.Passati i quindici giorni di vacanze al mare, siamo ritornati a casa e la sera stessa; giusto il tempo di scaricare le valigie, subito di corsa all’ospedale perché arrivavano le avvisaglie delle minacce di aborto. In questa ecografia mi sono sentita tanta amata dal Signore, perché a me piacciono tanto le belle sorprese e il Signore me ne ha preparata una: portavo in grembo due gemelli! Non vi dico la contentezza e la gioia nel vedere quelle due camerette gestazionali, una vicina all’altra! Non vi dico le risate con mio marito nel dare la notizia ai figli e ai nonni… in un attimo la vita era diventata straordinariamente divertente e ricca di avvenimenti! Ci sentivamo felici, anche se per il resto del mondo eravamo degli emeriti incoscienti e irresponsabili! L’onore di avere due gemelli però svanì presto, quando nel ripetere l’ecografia nel secondo mese di gravidanza, la dottoressa ci disse che uno dei due feti si era spento e che si sarebbe riassorbito piano piano, senza vedersi più! Questa notizia ha rattristato molto noi e i nostri figli; è anche vero che non so come il mio utero, così fragile avrebbe potuto resistere a tanto peso! Per cui, certi che il Signore è padrone della vita e della morte, gli abbiamo affidato la vita dell’altro gemello ancora vivo. Arrivati più o meno al quinto mese di gravidanza, era arrivato il tempo di fare l’ecografia morfologica, quella tanto temuta da tutti perché lì si vede se il bambino presenta qualche problema. Io e mio marito quella mattina ci siamo recati all’ospedale contenti perché finalmente potevamo conoscere il sesso della quinta “copia” della nostra famiglia. Ma qui il Signore aveva preparato una sorpresa non bella, questa volta! Come la dottoressa ha appoggiato il monitor sopra la mia pancia, si è fermata, rimanendo perplessa, e incomincia a chiedere se qualcuno mi ha mai consigliato di fare l’amniocentesi. Io chiaramente ho risposto di no, ma di fronte alla mia faccia insospettita, la dottoressa ha detto: “ Qui appare chiaro un problema molto grave! Andiamo subito al sodo o preferisce che parta da lontano? ”Io nella vita sono molto concreta, e mi piace in genere affrontare la realtà così come si presenta, per cui le dico tranquillamente di andare al sodo! “Vede signora, questa è la testa del bambino e qui dentro appare tutto nero! Sa cos’è questa? È tutta acqua! È sa cosa significa? Che manca metà cervello! ”Silenzio di tomba… Io timidamente dico: “Vuol dire che è un bambino cerebroleso?”… ” Sì,signora; per cui, data la gravità della situazione le consiglio vivamente di abortire; anche la legge in questi casi ammette l’aborto, anche perché sicuramente, in queste condizioni non potrebbe arrivare alla nascita!”. Sempre molto timidamente, e dopo un breve sguardo con mio marito, dico: “Ed il resto del corpo non lo guarda? Si ferma qui?”… Così ha proseguito l’ecografia del resto del corpo, sicura, la dottoressa, di trovare un’altra malformazione; invece, niente. Il corpo era perfetto: si vedeva benissimo che era una femmina, il cuore batteva molto bene, le dita delle due mani e dei due piedi, dopo essere state contate due volte, erano tutte, i reni erano perfetti, non aveva la spina dorsale bifida, il profilo del visetto era perfetto, anche gli occhi ed il naso erano in asse… era tutto perfetto, tranne quella testolina che appariva completamente nera! Mentre la dottoressa continuava ad insistere sulla assoluta necessità di un aborto terapeutico, io e mio marito d’intesa, ci siamo opposti. Allora per convincerci, ci ha fissato un appuntamento presso un centro diagnostico in un’altra città regionale dove grazie ai macchinari più sofisticati, ci avrebbero convinto sul da farsi. Ritorniamo a casa e varcata la soglia, abbiamo abbracciato forte i figli che ansiosi ci stavano aspettando e siamo scoppiati a piangere.

Abbiamo spiegato loro che la testa era nera e che la bambina, forse, non sarebbe arrivata alla nascita, e, se ci fosse arrivata sarebbe morta poco dopo, o comunque avrebbe avuto degli handicap gravissimi. Dopo questa spiegazione fatta in lacrime, una delle figlie dice: “Forse non potrà camminare? Non importa, la aiuterò io!”. Ed un’ altra:” Forse non riuscirà a prendere la pappa? Non ti preoccupare, gliela darò io!”. Di fronte a queste reazioni positive e poco scandalizzate, da parte dei figli, ho preso coraggio ed ho telefonato alla catechista del cammino di fede di cui facciamo parte io e mio marito. E qui il Signore, attraverso le parole di questa sorella, mi ha colmato di speranza: “Elisabetta, non ti fermare davanti a questa ecografia, aspetta la prossima perché questi si potrebbero essere anche sbagliati! Poi, se così fosse, questa bambina con problemi ha bisogno di amore più degli altri, va amata più degli altri! Tu hai la possibilità di amare Gesù Cristo sulla croce in casa tua, tutti i giorni attraverso questa bambina che Dio ti ha donato. Non pensare male di Dio, pensa, invece, che questa è una benedizione per te, tuo marito e i vostri figli; e che attraverso questa croce, voi otterrete la vita eterna. Sai, siamo tutti molto moralisti e pensiamo che abbiamo commesso qualche colpa grande, per cui Dio ci castiga, mandandoci, per esempio, un figlio handicappato. Invece, non devi pensare male di Dio, anzi, incomincia fin da adesso, a benedire Dio per la storia che sta facendo con te e la tua famiglia. Coraggio e vai a fare l’altra ecografia!”.
L’ecografia successiva era fissata a distanza di tre giorni. Nel frattempo, priva di forze e di voce, incomincio a dare questa notizia ai nostri genitori, ai fratelli della nostra comunità e a tutti i presbiteri che conosco. La mia reazione è stata quella di chiedere aiuto a tutti quelli che potevano pregare. Non ho mai creduto al miracolo, per cui non chiedevo il miracolo, ma che il Signore potesse darmi la forza di entrare nella Sua volontà, di abbracciare questa croce.
Il giorno dopo mi sono alzata contenta, ma perplessa perché avevo fatto un bel sogno: avevo sognato che mentre camminavo lungo una strada, sentivo qualcuno che mi chiamava, mi giravo e vedevo una suora che sorridente mi veniva incontro, mi abbracciava forte ed era molto contenta. Tempo di aprire gli occhi e di pensare un minuto… la riconosco: quella donna era uguale alla foto riprodotta sul libro di questa estate… Edith Stein vestita da suora, quindi non più l’ebrea, ma la carmelitana che ha preso il nome di suor Teresa Benedetta dalla Croce. Ricevuta la notizia, mio marito si è “offeso”, pèrchè era lui che doveva sognare questa Santa di cui aveva letto la vita e dalla quale era rimasto affascinato! Ma la suora si è presentata a me! Domanda: sarà stato un sogno profetico? Cosa voleva dire? Una cosa era sicura… la suora rideva contenta, quindi non era un brutto sogno! Io non l’ho raccontato a nessuno perché non volevo illudermi e così è rimasto un segreto all’interno della mia famiglia. Andiamo a fare la seconda ecografia e dopo un silenzio di tomba la dottoressa ci dà la risposta: ”Il problema è molto grave. Si tratta di un’ idrocefalia molto importante. Il cervello non si vede bene, forse c’è. Manca sicuramente il corpo calloso. In questi casi consigliamo vivamente l’aborto terapeutico! Si tratta di una patologia rarissima; le statistiche dicono che in alcuni casi il 40% muore alla nascita, in altri il 70% vegeta o ha comunque handicap gravissimi. Se non volete abortire non so a quale centro specializzato potete rivolgervi Non li conosco…forse qualcosa a Bologna… ma non so…”. Con il cuore a terra e le lacrime agli occhi ce ne ritorniamo a casa. Mentre me ne sto sola in cucina, il Signore mi apre una strada. Mi ricordo di una mia compaesana, amica d’infanzia di mia sorella che non so da quanti anni vive a Roma perché laureata all’Università Cattolica del Sacro Cuore, e successivamente rimasta a lavorare come neurologa al Policlinico Gemelli. Non ricordo come, rintraccio il suo nome, la chiamo, e per grazia di Dio la trovo a casa: fatto molto raro, perché è sempre in ospedale a lavorare. La chiamo, si ricorda di me, le leggo l’ecografia e le chiedo se può fare qualcosa. Mi richiama dopo un’ora e mi dice che ha preso appuntamento; mi dovevo presentare tre giorni dopo al Policlinico gemelli, presso il Day Hospital della ginecologia che si trovava al quarto piano. Lì mi avrebbe aspettato il prof. Noia, che si occupa proprio dei casi come il mio. L’incontro con questi è stato al di sopra delle mie aspettative e non lo dimenticherò mai. Mi ha accolto con molta gentilezza e con il sorriso sulle labbra, mi ha fatto l’ecografia e con amore fraterno mi ha spiegato che era un caso di idrocefalia molto serio, che il cervello era intero; forse mancava il corpo calloso, ma eventualmente questo sarebbe stato un problema minore rispetto all’importanza dell’idrocefalo. Mi ha incoraggiato tantissimo e mi ha dato la possibilità di vivere il resto della gravidanza con serenità.
Infatti mi ha detto che finchè la bambina sarebbe rimasta nel grembo materno, il cervello non avrebbe subito pressioni dal liquido cerebrale, per cui non avrebbe avuto danni dal momento che il corpo è immerso nel liquido amniotico. Il problema della pressione sul cervello si sarebbe posto al momento della nascita. Per il momento la cosa più importante, era arrivare il più possibile al termine della gravidanza, perché una volta nata, la bambina sarebbe stata operata al cervello ed era importante, a quel punto, avere sottomano una bambina robusta e abbastanza forte da superare l’intervento di neurochirurgia. Da quel giorno il dottore mi ha dato appuntamento una volta al mese, per poter tenere sotto controllo ecografico l’andamento del liquido cerebrale. Da quel giorno in poi, la mia gravidanza è stata più che mai messa nelle mani di Dio. La voce di questo fatto si è diffusa per tutto il paese in cui vivo e risiedo; tutte le comunità neocatecumenali di nostra conoscenza sono state messe al corrente, così che tutti hanno pregato. Persino il vescovo della diocesi mi ha assicurato la sua preghiera quotidiana. Ancora oggi che sono passati quattro anni, vengo a conoscenza di persone che senza conoscermi hanno pregato per la mia bambina. Al termine dell’ottavo mese i medici hanno pensato di farmi fare la risonanza magnetica per vedere meglio la situazione. Per questo motivo, io e mio marito abbiamo trascorso tre giorni a Roma ed abbiamo approfittato per pregare sulla tomba di S.Pietro e su quella di Papa Giovanni XXIII. Dalla risonanza magnetica è risultato che l’idrocefalia era molto importante, che il cervello c’era tutto, forse mancava l’ultimo pezzo del corpo calloso. La bambina non sarebbe morta alla nascita, ma avrebbe avuto comunque degli handicap non si sapeva di quale entità, ma ci sarebbero stati sicuramente!
Un dottore ci ha detto: “Qui ci vuole un miracolo! Noi ci crediamo, ma ci vuole un miracolo!”…
Finalmente arriva la fine di gennaio, è tempo di partorire. I medici mi hanno tenuta ricoverata una settimana prima del parto, per poter affrontare tutto tranquillamente e poter tenere pronta la sala operatoria anche per la bambina in caso di imminente urgenza. Nel reparto c’erano altre gestanti che avevano in grembo bambini con problemi più o meno gravi del mio, quindi non mi sono sentita “un caso a parte”, ma un caso in mezzo a tanti altri. Ho stretto amicizia con alcune di loro e ci siamo incoraggiate a vicenda riscoprendo insieme l’unica fede in Gesù Cristo. Il giorno prima dell’intervento il Signore mi riserva una di quelle sorprese che piacciono a me. Mi viene a trovare il neurochirurgo che avrebbe operato mia figlia: una persona molto calma e sicura alla quale con altrettanta calma dico: “Dottore, io voglio essere pronta a tutto ciò che può capitare domani alla mia bambina! Mi dica lei come pensa di procedere una volta che è nata”. E lui mi risponde: “Ma… una volta che la bambina è nata la teniamo sotto osservazione e se si presenta abbastanza sveglia e forte non la operiamo subito. Poi, una volta operata, le conseguenze, se ci saranno, verranno fuori man mano che cresce. Io le posso dire che statisticamente stiamo vedendo che i bambini, poi, alla fine risultano normali e conducono un vita come tutti gli altri: possono fare sport, vanno a scuola normalmente e crescono molto bene!”. Non credevo alle mie orecchie! Avrei avuto una bambina normale!?! Ma allora il sogno che avevo fatto di suor Teresa Benedetta era vero… Era stato profetico! Ebbene sì: posso confermare che così è andata! La mia bambina Teresa Benedetta è nata il 6 febbraio 2003 ed è stata operata al cervello durante il primo anno di vita per tre volte. La prima aveva ventotto giorni: un intervento rischioso, ma riuscito molto bene! Poi intorno a sei mesi di vita è stata sottoposta ad un secondo intervento. Infine, ad un anno di vita è stata operata di nuovo e le è stata messa una valvola che le permette di drenare il liquor spinale in eccesso. Oggi Teresa Benedetta ha quattro anni, è una bambina normale, frequenta il primo anno della Scuola materna ed è felicissima di essere nata e di vivere. Fa psicomotricità fin dai quattro mesi di vita e questo le ha permesso di sviluppare appieno tutte le sue potenzialità. È molto socievole e serena: è la gioia della nostra famiglia! Ogni sei mesi andiamo a Roma per i controlli, ma per noi è diventata una gita di piacere!
– Un grazie innanzitutto a Nostro Signore Gesù Cristo che ha avuto misericordia di noi.
– Ai nonni e agli zii che ci hanno tenuto gli altri figli mentre noi stavamo a Roma e che ci sono stati molto vicini
– Grazie alla nostra comunità neocatecumenale che ha pregato per noi anche di notte.
– A tutte le comunità ed ai catechisti.
– Grazie a tutte le persone che di propria iniziativa, solo per aver conosciuto il fatto, hanno pregato per noi.
– Un grazie alle suore S. Giuseppe che oltre ad aver pregato, seguono nella loro scuola materna la nostra bambina.
– Un enorme grazie alla dottoressa del policlinico Gemelli che per prima ci ha aperto le porte di questo ospedale.
– Un grazie alla società presso cui lavora mio marito che ci ha rimborsato gran parte delle spese di viaggio ed anche ai colleghi di lavoro che ci hanno dimostrato affetto e comprensione nei momenti più difficili.
– Un grazie al nostro vescovo che ha poi battezzato Teresa Benedetta per immersione nella veglia di Pasqua 2003.
– Infine, un grazie a Santa Teresa Benedetta dalla Croce che per prima ha chiesto a Dio il miracolo da parte nostra!!!
Goffredo, Elisabetta, Matteo, Maria Chiara, Caterina, Agnese, e Teresa Benedetta

Stato di ebbrezza

La felicità, la gioia, la serenità, non sta in un drink.

Non sono nemmeno sicuro se questa storia è vera, o è un racconto come tanti, (so che è stata scritta e riscritta più volte), ma di una cosa sono certo, a me che sono padre e nonno, ogni volta che mi capita di leggerla, mi fa venire i brividi, mi aiuta a riflettere tantissimo e vedo che è un’opportunità di annunciare ai giovani (e non) che la sera vanno a divertirsi:

DIVERTITEVI MA NON DIMENTICATE MAI CHE LA VITA E’ SACRA 
E NON POSSIAMO DISTRUGGERLA CON  UN DRINK IN PIU’.

Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all’incidente. La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole e il giornalista scriveva… sorpreso. Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza. Mamma, sono uscita con amici. Sono andata a una festa e mi sono ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolici. Mi hai chiesto di non bere perché dovevo guidare, cosi ho bevuto una Sprite. Mi son sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici. Ho fatto una scelta sana e il tuo consiglio è stato giusto. Quando la festa e finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare mamma, ciò che mi aspettava… Qualcosa di inaspettato! Ora sono qui sdraiata sull’asfalto e sento un poliziotto che dice: “Il ragazzo che ha provocato l’incidente era ubriaco”. Mamma, la sua voce sembra così lontana… Il mio sangue è sparso dappertutto e sto cercando,con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono:  “Questa ragazza non ce la farà”. Sono certa che il ragazzo alla guida dell’altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocità. Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire… Perché le persone fanno tutto questo, mamma? Sapendo che distruggeranno delle vite? Il dolore è come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente. Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, di papà di essere forte. Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare… Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva… La mia respirazione si fa sempre più debole e incomincio ad avere veramente paura… Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento così disperata…  Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene per questo… Ti voglio bene e…. addio.

Se questo messaggio è arrivato fino a te e lo cancelli…
Potresti perdere l’opportunità, anche se non bevi,
di far capire a molte persone che la tua stessa vita è in pericolo.
Questo piccolo gesto può fare la differenza.
Non ti costa nulla: mandalo a tutti quelli che conosci.