Vangelo del 15 Settembre Lc 2, 33-35 

In quel tempo, il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». Lc 2, 33-35 

Riflessione…
Nella casa di Nazaret l’Angelo Gabriele le aveva chiesto di consegnarsi interamente al suo Dio per divenire Madre del suo Figlio Unigenito. Con questa vocazione Lei è chiamata ad abbandonare ogni progetto umano di vita, per consegnare mente, cuore, spirito, anima, corpo alla divina volontà, in un sacrificio e olocausto quotidiano del proprio essere. Presso la croce è Gesù stesso, il suo Figlio Unigenito, che le affida una vocazione nuova. Come ha generato, partorito, allevato, sostenuto Lui così dovrà generare, partorire, allevare, sostenere ogni altro uomo che da figlio delle tenebre dovrà divenire figlio della luce, da figlio di Eva vero figlio di Dio. Questa vocazione mai verrà meno. Anche nel Paradiso Lei sarà sempre la Madre di tutti i redenti.
La vocazione non è data solo a Maria, è data anche al discepolo. Come Maria dovrà sempre partorire, generare, allevare ogni nuovo figlio di Dio, ogni nuovo discepolo di Gesù, così è necessario che ogni discepolo di Gesù, ogni nuovo figlio di Dio, prenda con sé Maria, l’accolga, la riceva nella sua casa. Non si tratta di una sola vocazione: quella della Vergine Maria. Ci troviamo dinanzi a due vocazioni: quella della Madre e quella del discepolo. L’una non può viversi senza l’altra. Maria e il discepolo devono divenire una cosa sola, non due. Né si può pensare che basti l’amore della Madre celeste per la nostra salvezza. Se le vocazioni sono due, esse sono necessarie l’una e l’altra. Escluderne una è porsi fuori del mistero della vita.

Don Salvatore A.

 

Vangelo del 14 Settembre Gv 3, 13-17

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Gv 3, 13-17

Più che ad una riflessione oggi vi invito a cercare la contemplazione.
La Croce
Amore senza misura di Dio. È questo amore che oggi esaltiamo, non il dolore che essa porta con sé. Perché amare, lo sappiamo bene anche noi uomini, spesso richiede sacrificio e incomprensione. Oggi esaltiamo l’amore donato, lo poniamo in alto nelle nostre scelte, appeso alle nostre case perché irradi, con la sua logica, tutta la nostra vita. Se avete tempo fermatevi e alzate la testa guardando il crocifisso, fino alla morte ci Ama Dio.

Don Salvatore A.

Vangelo del 13 settembre Lc 6,27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio». Lc 6,27-38

Riflessione…
“Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano”. Queste parole suonano ancora oggi estranee al sentire comune. Com’è possibile amare il proprio nemico e fare del bene a coloro che ci odiano? Se c’è una cosa pacifica tra noi è proprio la divisione tra amici e nemici: i primi vanno beneficati (anche perché da loro ci aspettiamo altrettanto), i secondi, nella migliore delle ipotesi, vanno ignorati. Tutto ciò vale sia nella vita delle singole persone sia in quella dei gruppi o delle nazioni. Ma Gesù non si ferma. E aggiunge: “A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra: a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica”. E a noi viene da commentare: “è una delle tante affermazioni irrealizzabili del Vangelo!” Riteniamo infatti sia del tutto impossibile metterle in pratica: esse sono rivolte o a persone masochiste, oppure a degli angeli, i quali, appunto, non hanno guance. Tutti sperimentiamo quanto sia difficile perdonare chi ci fa qualche torto. Quanto è ancor più difficile perdonare chi si pone come nostro nemico! Un Vangelo che chiede non solo di perdonare le offese, ma che arriva sino a pretendere l’amore per i nemici, è troppo estraneo alla vita quotidiana. Certo, è senza dubbio diverso dal mondo, ma non è estraneo alla vita. Anzi, queste parole mai suonano così attuali come nel nostro tempo. Raramente una società ne ha bisogno come la nostra. Essa è stata costruita e continua a costruirsi fondandosi sulla legge ferrea della competitività: ha valore solo ciò ch’è competitivo. Ma, la competizione porta con sé, inevitabilmente, la contrapposizione ad un altro che viene sentito come concorrente, anzi come nemico. Il brano evangelico vuole sconfiggere alla radice questa logica del nemico. Una logica terribile che sottende ogni violenza e ogni guerra. Per questo le parole evangeliche sono tutt’altro che disumane. Semmai è disumana la vita che normalmente tutti facciamo, poiché basata sulla logica della contrapposizione. Sono davanti ai nostri occhi i frutti amari che nascono dal non voler porgere l’altra guancia e dal non amare i nemici. A Gesù manca una categoria fondamentale che tutti abbiamo, ossia l’idea della vittoria sugli altri a tutti i costi. Egli non vuole sconfiggere nessuno; non ritiene nessuno suo nemico e mai ha accettato la cultura della competitività. Per noi, vincere è un’ossessione. Facciamo cose folli, pur di vincere e prevalere, magari sacrificando migliaia e migliaia di vite umane, come avviene nelle guerre. La vita è uccisa sull’altare della competizione e della sopraffazione. Per Gesù non c’è nemico e quindi neppure l’idea di vincere. Vincere chi? Gesù non odia, non disprezza, non nutre sentimenti di contrapposizione tesi a schiacciare l’avversario. L’unica grande legge per lui è la misericordia: “Siate misericordiosi, com’è misericordioso il Padre vostro”.

Don Salvatore A.

Vangelo del 12 settembre Lc 6, 20-26

In quel tempo, Gesù,
alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno
e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno
e disprezzeranno il vostro nome come infame,
a causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco,
la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,  perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti». Lc 6, 20-26

Riflessione…
Com’è diverso lo sguardo del Signore dal nostro! Come sono diverse le sue valutazioni dalle nostre! Ci sorprende e ci sconvolge. Egli oggi posa i suoi occhi sui discepoli, li posa su ciascuno di noi, con il preciso intento di indicarci su quali valori dobbiamo posare i motivi di gioia e di beatitudine. A noi che desideriamo più che valori i dis-valori dice: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio».
Egli, nella sua divina bontà, vuole dilatare gli spazi del nostro spirito per farci comprendere che i beni del Regno non sono minimamente paragonabili a quelli della terra. Vuole convincerci che il futuro che è stato riservato dal buon Dio, sazierà completamente ogni nostro desiderio nella pienezza della vera gioia senza fine. Gesù proclama beati anche coloro che sono nell’afflizione e nel dolore, affermando semplicemente che il nostro pianto si cambierà in gioia.
Rimane per noi l’assurdo e il mistero del dolore e dell’umana sofferenza fin quando non avremo il coraggio e la fortuna di salire coraggiosamente fino al Calvario e lì rimirare con tutta la nostra fede, al crocifisso, armandoci di santa pazienza per attendere fino al terzo giorno, fino al mattino della nostra pasqua: «Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli».
La nostra meta è il cielo…già qui.

Don Salvatore A.

 

A vit (la vita)

Ormai pochi capill e ‘a barba se fa bianca!
Prima currev assai, mo, a stient, quatt passi!
‘O tiemp passa e corre, e scorre comm a ll’acqua!
Quand’ero criatur, vulev scuprí ‘o munn;
e poi, cchiù grussiciell, mille e mille pruggetti:
na casa, na famiglia, ll’amici a me cchiú cari!
Ma…’a vita tanta vote, te fotte e nun te pava!
Tutti chilli pruggetti ‘e tengo ancor n’capa!
So sogni, desideri, so attese, so speranze!
Forse, sbagliai qualcosa: vulev esser padre…
e nun so cchiù manco figlio!
Ma poi, me guardo attuorn e tengo tante cose!
Sul ca nun ‘e veco, o forse nun ‘e sento!
Ormai pochi capelli e ‘a barba se fa bianca…
però si stong all’erta, vuol dire ca so vivo!
Allora, m’arripiglio e guardo cu speranza.
Perciò guardo sta vita e veco n’ata via!
Aizo ll’uocchi n’Ciel e dico: COSÌ SIA!
(Anonimo Napoletano)

Vangelo del 11 settembre Lc 6, 12-19

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti. Lc 6, 12-19

Riflessione…
La preghiera sta all’origine di ogni scelta e azione apostolica di Gesù e della Chiesa. Il giorno della Chiesa spunta dalla notte di Gesù passata in comunione col Padre. Ciò non vuole assolutamente dire che le scelte che il Padre e il Figlio fanno, chiamando i dodici e gli altri dopo di loro lungo i secoli, saranno le migliori secondo la nostra logica umana. La struttura portante della Chiesa è zoppicante fin dall’inizio, sempre aperta al tradimento e al rifiuto del Signore. Pietro e Giuda ne sono le figure emblematiche. E tutto questo non è uno spiacevole imprevisto, ma è una realtà che fa parte del progetto di salvezza.
Il motivo che spinge la gente verso Gesù è il bisogno di ascoltare la parola di Dio e di essere guarita. Come la parola del serpente portò il male e la morte (cfr Gen 3), così la parola di Dio guarisce dal male e dà la vita. C’è infatti una stretta connessione tra l’ascolto della parola di Dio e la guarigione, come tra la disobbedienza alla parola di Dio e la morte (cfr Dt 11,26-32). “Il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte” (Rm 5,12) perché l’uomo ha ascoltato il serpente. L’uomo diventa ciò che ascolta. Se ascolta Dio diventa figlio di Dio, se ascolta il diavolo diventa figlio del diavolo.
Come la gente di allora, anche noi possiamo toccare e sperimentare la potenza di Gesù se ascoltiamo la sua parola. La parola di Dio infatti “è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16). Infatti “è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione” (1Cor 1,21).

Don Salvatore A.

‘O PATE ( Eduardo De Filippo)

Pe tutta a vita st’Omme te sta accante,
e tu, a stiente, t’accuorge che sta llà,
p’e figlie fa e tutto, e nun se vante,
e soffre spisso senza mai parlà.

E comme a S. Giuseppe, zitto e muto,
s’abbraccia a croce e fa o vulere e Dio:
fatica, prega e resta scanusciuto,
e quanno chiagnechiagne,
t’ dich’io!

Si pure tene mpietto nu dolore,
o stesso, p’a fatica, esce a matina;
p’ a famiglia, è nu martire d’ammore,
all’ufficio, a o negozio o all’officina.

Te vò bene e t’ o dice quasi maje,
te fa l’elogio, si nun staje presente;
te vase nfronte quanno a durmi’ staje;
pe’ na carezza, gode veramente.

Si te richiama, o’ ffa pè vero amore;
pè te dà gioia, soffre tutt’e’ ppene;
e ogni ghiuorno se consuma o core,
pecchè è pate, è vecchio i è piccerillo.

Salutalo quante jesci e quante tuorne,
e falle qualche vòta na carezza:
t’accuorgi ampressa ca te gira attuorne,
suspiruso e te fa na tenerezza.

O bene che fa o pate l’annasconne,
pecchè è ommoe ll’omme accussì fa:
quanne o figlio se sceta a dint’ o suonne,
quanno sposa e addeventa isso Papà.

Vangelo del 10 settembre Lc 6, 6-11

Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo.
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo.
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita.
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù. Lc 6, 6-11

Riflessione…
È bene guarire una persona in giorno di sabato o è un male? Il bene è sempre bene oppure vi sono dei giorni in cui è bene e dei giorni in cui è male? Il bene è sempre bene e obbliga sempre. Se per scribi e farisei è bene salvare un bue, un asino, una pecora caduta di sabato in un pozzo, perché non dovrebbe essere un bene salvare una vita umana? L’opposizione degli interlocutori di Gesù è davvero illogica, com’è possibile ci viene da pensare; è mai possibile che quante persone hanno così distorta la verità da non comprendere che dove abita il bene? Se ci fermiamo un attimo però, ci rendiamo conto che purtroppo facciamo i conti con questa triste realtà tutti i giorni. È come se la nostra mente si offuscasse talmente da diventare stolti e la stoltezza è l’arma di Satana per la rovina dell’uomo. Chi cambia il bene in male, sempre cambierà il male in bene. È lo sfacelo della verità e della moralità. Oggi il mondo anche cristiano è in questo sfacelo. Il bene è male, il male è bene. Chiediamo la grazia dello Spirito perché ci ponga sempre nella verità.

Don Salvatore A.

 

Testimonianza di Barbara, vedova di Andrea Pianesi

Non siamo né matti né esaltati…
Mi chiamo Barbara, ho 32 anni, sono sposata con Andrea, abbiamo 6 bambini. Abbiamo vissuto in Camerun, in Africa, per 5 anni, inviati dal Papa e dal nostro Vescovo, Luigi Conti, come famiglia in missione del Cammino Neocatecumenale.
Il 26 aprile è morto in Africa mio marito a causa della malaria cerebrale. Ebbene, io vedo chiaramente che questo era necessario per il Camerun, perché per loro noi “bianchi” siamo ricchi e pensano che per noi sia tutto facile. Era necessario che loro vedessero che, se noi siamo lì, è solo per Gesù Cristo, senza guadagnare niente e rischiando la nostra vita e quella dei nostri figli. Noi lo sapevamo quello che rischiavamo, ma noi sappiamo che la vita viene da Dio e Andrea poteva morire anche a Macerata.
La vita viene da Dio, è Lui che decide quando noi moriamo e non importa se si muore a 5 anni, a 35 come Andrea, o a 70 anni. L’unica cosa che cambia è come ci trova Dio quando ci viene a prendere. Andrea conosceva il rischio ma per lui la cosa più importante era l’evangelizzazione. Di fronte a tante persone contrarie, di fronte alla sofferenza nostra, dei nostri genitori, a volte addirittura dei bambini, lui era sempre fermo, perché sapeva che l’unica cosa che conta, per ogni uomo della terra, é incontrare Gesù Cristo Risorto e che è un inganno profondo pensare che la vita viene dai soldi.
Noi abbiamo visto in Africa che l’incontro con Gesù Cristo ha cambiato la vita di molti uomini: famiglie ricostruite, uomini usciti dall’alcolismo, anche nella miseria, vivendo con la pace nel cuore. Dio stava preparando Andrea. Sabato Santo, 4 giorni prima che si ammalasse, lui scriveva: “…questo per me è una grazia enorme, poter partecipare alle sofferenze di Gesù Cristo con il mio stesso corpo…”.
Io oggi sperimento che è possibile riposarsi sulla croce con Gesù Cristo, veramente la croce è gloriosa, io ho sofferto molto, molto di più, quando cercavo la vita nel mondo e mi ritrovavo sempre insoddisfatta, con l’angoscia nel cuore di fronte alle più piccole difficoltà. Certo per me è un dolore grande perdere mio marito: ho 32 anni, con 6 bambini, umanamente è una catastrofe, perché noi abbiamo lasciato tutto.
Andrea ha lasciato il lavoro che amava tantissimo, noi non riceviamo uno stipendio né dal Vaticano né dalla Diocesi, viviamo solo della Provvidenza di Dio, senza nessuna certezza… ma in 5 anni di missione Dio ha sempre provveduto. Certo che anche i miei figli soffrono, perché noi non siamo né matti né esaltati, ma questa è la storia che Dio fa con i miei figli, per il progetto che Lui ha su di loro, progetto che io non sempre capisco. Ma so che loro, prima di essere figli miei e di Andrea, sono figli di Dio e per questo Dio si prenderà cura di loro.
Andrea nell’ultimo messaggio sul cellulare, che ha scritto a sua madre prima di entrare in coma, le ha scritto: “comunque vada Dio è fedele”. Questa è l’eredità che lascia a me e ai nostri bambini, che Dio è fedele, che Dio non si sbaglia, che Dio è un Padre buono. Barbara Bordi 28° Pellegrinaggio Macerata-Loreto. Macerata – Stadio Helvia Recina

Giugno 2006. Fonte: http://www.ilcannocchiale.it/blogs/style/acquario/

 

Un padre ricco

“Un padre ricco, volendo che suo figlio sapesse che significa essere povero,
gli fece passare una giornata con una famiglia di contadini.
Il bambino passò 3 giorni e 3 notti nei campi.
Di ritorno in città, ancora in macchina, il padre gli chiese:
– Che mi dici della tua esperienza ?
– Bene – rispose il bambino

Hai appreso qualcosa ? Insistette il padre
1 – Che abbiamo un cane e loro ne hanno quattro.
2 – Che abbiamo una piscina con acqua trattata, che arriva in fondo al giardino.
Loro hanno un fiume, con acqua cristallina, pesci e altre belle cose.
3 –  Che abbiamo la luce elettrica nel nostro giardino
ma loro hanno le stelle e la luna per illuminarli.
4 – Che il nostro giardino arriva fino al muro.
Il loro, fino all’orizzonte.
5 –  Che noi compriamo il nostro cibo;
loro lo coltivano, lo raccolgono e lo cucinano.
6 –  Che noi ascoltiamo CD…
Loro ascoltano una sinfonia continua di pappagalli, grilli e altri animali…
…tutto ciò, qualche volta accompagnato dal canto di un vicino che lavora la terra.
7 – Che noi utilizziamo il microonde.
Ciò che cucinano loro, ha il sapore del fuoco lento
8 – Che noi per proteggerci viviamo circondati da recinti con allarme…
Loro vivono con le porte aperte, protetti dall’amicizia dei loro vicini.
9 – Che noi viviamo collegati al cellulare, al computer, alla televisione.
Loro sono collegati alla vita, al cielo, al sole, all’acqua, ai campi, agli animali, alle loro ombre e alle loro famiglie.
Il padre rimane molto impressionato dai sentimenti del figlio. Alla fine il figlio conclude
– Grazie per avermi insegnato quanto siamo poveri !
Ogni giorno, diventiamo sempre più poveri perché non osserviamo più la natura!!!”